Quell'italiano a Tenerife

Esiste l’innamoramento in cucina? Qui parleremo di un duplice colpo di fulmine. Il primo, è quello tra uno chef italiano che lavora a Tenerife, Andrea Bernardi, 36 anni, e Fernanda Fuentes Cárdenas, giovane cuoca cilena giunta nell’isola per uno stage e mai più ripartita: i due sono ora marito e moglie e reggono le sorti del Nómada, a El Sauzal, splendido affaccio sull’oceano e intelligente bistronomia d’alta qualità.

 Il secondo è quello di chi scrive per la cucina di Bernardi: originale, tecnica, elegante. Raramente ci è capitato di incontrare uno stile tanto evoluto in un indirizzo sconosciuto alle guide. Colpa, certo, della perifericità isolana, Tenerife non sta dietro l’angolo. E poi, se pochi sono profeti in patria (Bernardi, originario di Marino, zona dei Castelli Romani, dopo alcune esperienze tricolori – compresi alcuni mesi con Heinz Beck – ha lavorato in Germania e Austria, prima di trasferirsi in Spagna, a Valencia), è vera anche un’altra cosa: risulta difficile riuscire a emergere da italiano all’estero che non vuole saperne di pummarola, limoncello e mandolino, rifugge insomma gli stereotipi ma punta tutto sulla contemporaneità – possiede tre roner differenti, per dire.

Quindi di Bernardi scriveremo bene in piena convinzione. Perché lui ha talento, passione… e non solo, quelle sono promesse e premesse per il futuro, mentre noi abbiamo gustato piatti già consolidati, in pieno equilibrio, dopo essere scesi in cantina. Lo chef infatti serve lì, su un unico tavolo, il proprio menu più elaborato, denominato Pensamiento: una dozzina di proposte che affondano le radici nel non aver radici (piatti nomadi, appunto, come la denominazione del locale). O meglio, risultano sintesi perfetta e coraggiosa della stessa essenza del luogo in cui vengono concepiti: le Canarie, ponte tra culture, enclave europea su zolla africana, ma protesa verso il Nuovo Mondo. Frequenti sono, ad esempio, le incursioni latinoamericane, che tradiscono la felice influenza di Fernanda: come nell’uso del piure, un invertebrato cileno color corallo che è ospite d’onore di una crema di cavolfiore, aglio bianco e olio di melissa.

Echi sudamericani anche in un altro piatto, un delizioso dessert: Zucca (marinata 12 ore in brodo di spezie, con 5 pepi diversi) con olio di mandorla cruda, mela cotta, gelato di ají giallo (un peperoncino peruviano) e olio di rosmarino, componenti e texture dosate al millimetro come serve in pasticceria, dolce-grasso-acido-speziato, con in più la nota piccante a far la differenza. E’ stata una perfetta conclusione di una cena con altri acuti. “Ensalada de calamar”: gelatina di acqua di pomodori, calamaretti, piselli crudi, cuore di cipolla, riduzione di tinta di calamari, indivia, finitura con germogli diversi a scandire altrettanti sottofondi aromatici. Triglia con brodo di nocciole tostate, ravanelli, barbabietola e lavanda, con l’ultimo componente, inatteso, che diventa chiave di volta: grande idea. E nella proposta successiva, terra-mare, il guanciale di maiale nero incontra un sugarello in un matrimonio border line con numerosi testimoni: succo di foglie di sedano, mela, sedano, arachidi, coriandolo e olio di ginepro. L’impressione definitiva è stata quella di una cucina innovativa e già matura, cui la dimensione canarina inizia a stare stretta.

Bernardi ha anche fondato il gruppo dei Frack chefs cui fa parte Pau Bermejo, 35enne catalano che impiatta (con esiti felici, anche se meno creativi) a Casa Maquila, bell’indirizzo nella vicina Santa Cruz de Tenerife, tra le vie del casco historico dichiarato patrimonio Unesco.

Publicado en: identitagolose.it

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